Le varici costituiscono una malattia ereditaria frequente.
Non esiste un solo trattamento valido indifferentemente per tutti i pazienti con vene varicose , come potrebbe invece essere per altre malattie come l’appendicite acuta (curabile con l’intervento classico di appendicectomia): in questo settore della Medicina la cura è oggi molto personalizzata, mentre prima si era sempre considerata – erroneamente – la safena causa delle varici e la sua asportazione (stripping) la cura più giusta!!
Nella storia della Medicina infatti , il primo stripping fu effettuato dal cocchiere di Luigi XV , che operava le vene varicose dei cavalli estirpando la safena. Dalla fine dell’ottocento fino ad oggi, vari strumenti sono stati inventati per estirpare la safena (dallo stripper di Babcock a quello di Fisher, dagli uncini di Muller fino all’ipertecnologico laser) , strumenti utili per rendere l’intervento meno traumatico e con cicatrici sempre più piccole. Il progresso, quindi, per anni si è limitato a migliorare l’esecuzione tecnica della asportazione delle varici con strumenti sempre più raffinati e costosi, senza modificarne però la logica, e cioè continuando a curare le varici togliendole!
Solo dagli studi emodinamici di Claude Franceschi nell’88 è cominciato uno studio fisiologico del circolo venoso e l’attenzione si è spostata da come fare per togliere le vene a come fare per lasciarle.
È comune osservazione che la varicosi presenta una sua naturale evoluzione in senso peggiorativo, per cui il quadro clinico si modifica e peggiora nel paziente nel corso degli anni.
“Sono abituato pertanto a proporre al paziente un trattamento solo dopo aver eseguito un accurato studio emodinamico e cartografico del circolo venoso, utilizzando un esame alquanto diffuso (eco-color-doppler venoso) eseguito però con manovre dinamiche, in altri termini muovendo il paziente come quando cammina”.
Nella cartografia dinamica si descrive il modo (direzione), con cui il sangue circola nelle vene superficiali , sia nelle safene che nei loro rami ; ciò è importante perché assai raramente (2% dei casi), le safene sono realmente varicose (ammalate) . La dilatazione della safena è invece conseguente ad un danno valvolare che , come un rubinetto difettoso , fa fuoriuscire il sangue verso vene più superficiali, contro il normale senso di marcia . Infine, a riprova della importanza della safena, la natura si è preoccupata di proteggerla con una spessa guaina fibrosa , una “calza naturale”, costituita dallo sdoppiamento della fascia superficiale.
È così possibile personalizzare la terapia (sclerosante o chirurgica) per quel paziente, intervenendo con tecniche mirate senza asportare safene.
La chirurgia che prediligo non è ablativa ( lo stripping) ma conservativa (si tratta di conservare le safene) ed emodinamica (perchè si creano sistemi venosi drenanti che si svuotano agevolmente nelle vene più profonde ), sicuramente mini-invasiva , eseguibile ambulatoriamente in anestesia locale – non spinale -, senza ricovero né inutili immobilizzazioni post-chirurgiche.
Obiettivo principe di questa terapia è la cura del circolo venoso ( evitando l’asportazione di vene utilizzabili per eventuali future esigenze di by-pass arteriosi ) e di perseguire anche scopi estetici.
Nonostante, ancora oggi , taluno affermi che la possibilità di recidiva è minore quanto più radicale sia stata l’asportazione chirurgica, non ravviso la necessità di curare la carie dentaria con l’avulsione del dente!!